Con la Legge 18/06/2009 nr. 69 è stato introdotto nel nostro Ordinamento il procedimento sommario di cognizione disciplinato dagli articoli 702bis, 702ter e 702quater c.p.c., la cui ratio ispiratrice era proprio quella di fornire un rito alternativo maggiormente snello ed agile rispetto a quello ordinario, al dichiarato scopo di contenere i tempi della giustizia civile in tutte quelle ipotesi in cui il Tribunale avrebbe dovuto giudicare in composizione monocratica.
Il procedimento sommario è purtuttavia un rito a cognizione piena ma ad istruttoria semplificata posto che le prove che il giudice potrà assumere sono, non già quelle “indispensabili” ai fini dell’oggetto della causa, come invece previsto dall’art. 669Sexies c.p.c. in materia di procedimento cautelare uniforme, bensì quelle rilevanti ai fini del decidere.
Nel procedimento sommario di cognizione il vantaggio effettivo che il ricorrente può ottenere dalla procedura è quello di una maggiore speditezza nella trattazione della controversia pur rimanendo pienamente operante il principio dell’onere della prova previsto dall’art. 2697 c.c. tal che, il ricorrente, potrà e dovrà allegare e provare i fatti costitutivi della propria pretesa senza che sia sostenibile un suo esonero e/o affievolimento dall’assolvimento di tale onere.
Il discrimine circa l’applicabilità del rito in questione è costituito da quelle cause che, da una parte, richiedono una attività istruttoria articolata e complessa – soggette al rito ordinario – e quelle che, dall’altra, richiedono una istruttoria breve ( o, addirittura, che non richiedono alcuna istruttoria, come nel caso di procedimenti eminentemente cartolari), da individuarsi esclusivamente in base al thema decidendum e probandum proposto dalle parti (Tribunale di Campobasso 09.05.2013). In altre parole la verifica della compatibilità tra l’istruzione sommaria propria del procedimento in questione in correlazione con la fattispecie concretamente portata in giudizio andrà effettuata in relazione all’intero complesso delle difese ed argomentazioni che vengono svolte in quel determinato giudizio (Cass. Civ. Sez. I, 14.03.2017 nr. 6563).
Con il successivo d.lgs. 01/09/2011 nr. 150 il Legislatore ha inoltre introdotto una serie di ipotesi in cui l’applicazione del procedimento sommario di cognizione è obbligatoria.
Tale provvedimento, invero, stabilisce che la disciplina codicistica, ad eccezione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 702 ter c.p.c., si applica ai seguenti casi:

  1. nei procedimenti per la liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato (Cass. SS.UU. 23/02/2018 nr. 4485);
  2. nei procedimenti per l’opposizione a decreto di pagamento di spese di Giustizia;
  3. nei procedimenti per le controversie in materia di mancato riconoscimento del diritto di soggiorno sul territorio nazionale in favore di cittadini degli altri Stati membri della Unione Europea e dei loro familiari;
  4. nei procedimenti per le controversie in materia di allontanamento dei cittadini degli altri Stati membri dell’Unione Europea;
  5. nei procedimenti in materia di espulsione dei cittadini di Stati extra comunitari;
  6. nei procedimenti per le controversie in materia di riconoscimento della protezione internazionale;
    7.nei procedimenti di opposizione al diniego di nulla osta al ricongiungimento familiare e del permesso di soggiorno per motivi familiari;
  7. nei procedimenti per l’opposizione alla convalida del trattamento sanitario obbligatorio;
  8. nei procedimenti per le azioni popolari e per le controversie in materia di eleggibilità, decadenza ed incompatibilità nelle elezioni comunali, provinciali e regionali ed altre fattispecie espressamente richiamate dalla normativa.
    La giurisprudenza che ha affrontato l’argomento ha avuto modo di precisare che il rito è applicabile a numerose fattispecie tra le quali si annoverano quelle relative a cause di impugnazione della delibera dell’assemblea degli obbligazionisti, trattandosi di controversia monocratica ( Tribunale di Mantova, 15/11/2010), alle controversie relative alla nullità di operazioni in strumenti finanziari causata dalla mancanza del contratto quadro (Tribunale di Torino, 29/09/2010), alle controversie finalizzate a determinare il saldo del conto corrente ove non siano dedotte prove testimoniali o altre istanze (Tribunale di Brescia 10/02/2010), al giudizio scaturito sull’azione revocatoria fallimentare ritenendo tale giudizio monocratico (Tribunale di Prato 09/11/2009), alle controversie in materia di anatocismo bancario ove l’istruttoria attiene ad una verifica tecnico-contabile (Tribunale di Campobasso 09/05/2013), alle controversie per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti di avvocato nei confronti del proprio cliente già previste dall’art. 28 della L. nr. 794 del 1942 e che, a seguito della modifica apportata dall’art. 34 del d.lgs. 150/2011, devono oggi essere trattate col procedimento sommario anche ove la domanda riguardi l’an della pretesa, senza possibilità, per il giudice adito, di trasformare il rito sommario in ordinario, ovvero di dichiarare l’inammissibilità della domanda (Cass. Civ. Sez. VI – 2 Ordinanza 08/03/2017 nr. 5843 e Cass. Civ. Sez. VI 29/02/2016 nr. 4002).
    Da ultimo, si aggiunge, a fronte delle numerose questioni sollevate in rito circa la materia degli onorari e le spese di avvocato è intervenuta la sentenza della Cassazione Civile SS.UU. 23/02/2018 nr. 4485 la quale ha avuto modo di precisare che il relativo procedimento può essere introdotto o con ricorso ai sensi dell’art. 702Bis c.p.c. - che darà luogo ad un procedimento sommario speciale influenzato dalla disciplina di cui al d.lgs. 150/2011 e dalle norme di cui agli artt. 702Bis e segg. c.p.c. - o con il procedimento per decreto ingiuntivo. In tale ultimo caso, tuttavia, l'opposizione al provvedimento monitorio dovrà proporsi con le forme del ricorso ai sensi dell’art. 702Bis c.p.c. e non con atto di citazione restando esclusa la possibilità di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinario che con il procedimento di cognizione sommario di cui all’art. 702Bis c.p.c. e seguenti.
    La legge 08/03/2017 nr. 24, in particolare, in materia di azione di responsabilità derivante dalla cosiddetta mal-practice medica, ha previsto che chi intenda esercitare azione innanzi al giudice civile nei casi di responsabilità sanitaria, dopo aver espletato ricorso ai sensi dell’art. 696Bis c.p.c. dinanzi al giudice competente, laddove tale procedimento non si concluda entro sei mesi dal deposito del ricorso può agire in giudizio entro i successivi novanta giorni decorrenti dal deposito della relazione conclusiva o dalla scadenza del ridetto termine, agendo in giudizio col deposito del ricorso previsto dall’art. 702Bis c.p.c..
    Il ricorso al giudizio sommario di cognizione, di recente, è stato ritenuto pienamente applicabile (Tribunale di Rieti ordinanza del 23/10/2019 in piena continuità con altra sentenza emessa dal Tribunale di Civitavecchia del 15/11/2018), anche al procedimento volto alla cancellazione di una domanda giudiziale trascritta su un immobile del ricorrente.
    Al contrario, vengono escluse dall’applicazione della normativa di cui agli artt. 702Bis e segg. c.p.c. e, quindi, se proposte, dichiarate inammissibili, le controversie di competenza del Tribunale in composizione collegiale, le controversie di competenza del Giudice di Pace, le cause di appello avverso sentenze del Giudice di Pace, le cause avanti alla Corte di Appello, l’opposizione di terzo.
    Entrando nel merito delle norme processuali analizzate la fase introduttiva del giudizio non è difforme da quella del rito a cognizione piena, con l'unica eccezione dell'utilizzo, in luogo della citazione, del ricorso, che deve contenere gli stessi elementi previsti dall’articolo 163 c.p.c. per la citazione, con esclusione naturalmente della fissazione della data dell'udienza.
    La disposizione di cui all’art. 702Bis c.p.c. richiede inoltre che nel ricorso introduttivo (e nella comparsa di costituzione) le parti debbano indicare specificamente i mezzi di prova che intendono introdurre, delimitandone l'oggetto e indicando le persone che devono compierlo, con la conseguenza che ( come affermato dal Tribunale di Mondovì sent. 12/11/2009) la prova testimoniale dovrebbe essere dedotta sin dall'atto introduttivo in capitoli separati e con indicazione dei testimoni che si intende chiamare a deporre.
    Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, deve essere successivamente notificato al convenuto almeno trenta giorni prima della data fissata per lo svolgimento dell'udienza stessa, dandosi così luogo ad una vicenda strutturata sul modello del processo di cognizione tipico del processo giuslavoristico.
    In caso di mancata osservanza dei requisiti formali relativi alla vocatio in jus, ovvero della edictio actionis risulterà comunque applicabile la regola della rinnovazione dell'atto introduttivo nullo ex art. 164.
    Il giudice, in quest'ultimo caso, potrà e dovrà quindi assegnare un termine - perentorio - affinché il ricorrente possa provvedere ad una nuova notificazione (C. 5517/2017).
    Il convenuto dovrà costituirsi almeno dieci giorni prima della data della udienza depositando propria comparsa nella quale dovrà proporre le proprie difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicando i mezzi di prova di cui intende avvalersi ed i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza dovrà proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio. Al riguardo, si rileva come il 4° co. dell'art. 702 bis riporti sostanzialmente il contenuto dell'art. 167. Anche la chiamata di terzo in causa ha luogo come nel processo ordinario.
    Il resistente che non si costituisca, o si costituisca tardivamente, decade non soltanto dal potere di sollevare eccezioni in senso stretto, ma anche da quello di proporre domande riconvenzionali o chiamare terzi in garanzia.
    Il successivo articolo 702Ter c.p.c. disciplina il procedimento prevedendo anzitutto una serie di attività di accertamento preliminare che dovrà effettuare il giudice designato e che si sostanziano nella valutazione della propria competenza – il giudice, se ritiene la propria incompetenza, lo dichiara con ordinanza –, nella valutazione dell’ammissibilità della domanda sottoposta al rito sommario – nella ipotesi di valutazione negativa, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile – e nello stesso modo provvede per la domanda riconvenzionale.
    Se invece il giudice ritiene che le difese svolte dalle parti richiedono una istruttoria non sommaria, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. e si applicano quindi le disposizioni previste per il procedimento ordinario.
    Se invece ritiene che la domanda rientri tra le materie ove il rito è ammissibile e altresì ritiene la sufficienza di una istruttoria sommaria, alla prima udienza, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede quindi con ordinanza all’accoglimento od al rigetto delle domande provvedendo in ogni caso sulle spese del procedimento.
    L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca e per la trascrizione.
    Infine l’ordinanza emessa dal giudice a conclusione del procedimento è appellabile entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione.
    Sebbene, secondo la lettera della legge, la disciplina del rito sommario abbia fissato esplicite decadenze soltanto con riferimento ai poteri assertivi, non prevedendoli con riferimento a quelli probatori, nondimeno, il richiamato articolo 702Ter c.p.c. ha suscitato più di un contrasto giurisprudenziale che meritano qui di seguito di essere brevemente annotati.
    Anzitutto sulla questione dei poteri istruttori d’ufficio vi è una prima corrente giurisprudenziale che li ammette in ogni caso, mentre, secondo altra corrente più rigorosa, che richiama i principi sull’onere della prova e sulla disponibilità della prova, non li ammette.
    A tal uopo, invero, merita essere menzionata quella giurisprudenza (Cass. Civ. 25/02/2014 nr. 4485) secondo la quale “...nel procedimento sommario di cognizione, l’esercizio dei poteri istruttori concessi al giudice dall’art. 702Ter, quinto comma, c.p.c., esprime una valutazione discrezionale, insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione esente da vizi logico-giuridici, restando esclusa la sola possibilità di decidere la controversia in applicazione dell’art. 2697 c.c., quale regola di giudizio, non potendo il giudice dare per esistenti fonti di prova decisive e, nel contempo, astenersi dal disporne l’acquisizione d’ufficio...”, di fatto, ammettendoli.
    A tale giurisprudenza, come dicevamo sopra, si è contrapposta un'altra (Cass. Civ. Sez. III, Ord. 05/10/2018 nr. 24538) che ha contraddetto tale orientamento precisando viceversa che nel procedimento sommario il giudice, in mancanza di prove proposte dalla parte nell’atto introduttivo e, per le riconvenzionali, nelle comparse, dovrebbe limitarsi a fare applicazione del principio di cui all’articolo 2967 c.c. relativo all’onere della prova, rigettando sic et simpliciter la domanda proposta perché non provata, non potendo supplire con l’esercizio di poteri istruttori d’ufficio, non essendovi, secondo il supremo collegio, nella disciplina di cui agli artt. 702Bis e segg. c.p.c. la previsione di un potere d’ufficio del giudice di disporre di mezzo di prova diverso da quello previsto per il rito ordinario.
    Altra questione che appare assai dibattuta è quella relativa alle preclusioni istruttorie.
    Secondo una prima corrente di pensiero sostenuta, sebbene in un obiter dictum, dalla Cass. Civ. Sez. III, Ord. 05/10/2018 nr. 24538, le preclusioni maturerebbero già in una fase precedente alla prima udienza, negli atti introduttivi del giudizio, e pertanto sia il thema decidendum che il thema probandum dovrebbero definirsi con lo scambio del ricorso e delle comparse di costituzione.
    Altra posizione meno rigida e, a parere di chi scrive, maggiormente condivisibile, è quella espressa da quelle pronunce della corte di legittimità, Cass. Civ. 18/12/2015 nr. 25547 e Cass. Civ. 10/01/2012 nr. 81, e di merito, Tribunale di Tivoli 04/11/2010, Tribunale di Varese 18/11/2009 che sostengono che le preclusioni istruttorie maturerebbero soltanto con la pronuncia dell’ordinanza di mutamento del rito successivamente alla udienza prevista dall’art. 702Ter c.p.c. e non anche con il deposito degli atti introduttivi.
    Si segnala una terza ed ulteriore corrente di pensiero sostenuta dalla dottrina (cft. A. Mengali, Preclusioni e verità nel processo civile, Torino, 2018 e Sergio Menchini, L’ultima idea del legislatore per accellerare i tempi della tutela dichiarativa dei diritti: il processo sommario di cognizione, Judicium.it) la quale addirittura afferma che nel procedimento sommario, in linea con l'interpretazione desumibile dalla lettura del quinto comma dell’art. 702Ter c.p.c., non vi sarebbero preclusioni istruttorie e pertanto il giudice potrebbe in ogni fase disporre il mutamento del rito.
    Ad oggi, tuttavia, la questione appare ancora aperta.