Fino all’entrata in vigore della L. 28 aprile 2014, n. 67, com’è noto, l’imputato che, pur ritualmente citato, sceglieva di non costituirsi in giudizio era dichiarato contumace e nel processo era rappresentato dal difensore, cui veniva notificata anche la sentenza se l’imputato era irreperibile, latitante o evaso.
A seguito delle numerose condanne subite dall’Italia per violazione delle fonti sovranazionali del diritto in tema di giusto processo e di partecipazione effettiva dell’accusato, comminate dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (vedasi i casi Sejdovic c. Italia del 10/11/2004 ed i casi Kollcaku c. Italia e Pititto c. Italia 08/02/2007 ) - il cui articolo 6, per l’appunto, pur non riconoscendo esplicitamente il diritto dell’accusato di essere presente al processo riconosce tuttavia allo stesso il diritto di difendersi, da sé o con l’assistenza di un difensore, di interrogare o di far interrogare i testimoni e di farsi assistere gratuitamente da un interprete - con l’entrata in vigore della L. 67/2014 citata sono state soppresse le disposizioni relative al processo contumaciale sostituendole con una nuova normativa più rispettosa dei diritti degli imputati di conoscere effettivamente l’esistenza di un processo a proprio carico così dando attuazione ai rilievi mossi in sede internazionale.
Vi è peraltro da precisare che già prima dell’entrata in vigore della legge citata la Corte Costituzionale aveva iniziato a smantellare la normativa sul processo in contumacia. Ed invero con sentenza 09/12/2009 nr. 317 la Corte Costituzionale era intervenuta per dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 175, comma 2, c.p.p., nella parte in cui non consentiva la restituzione nel termine per proporre impugnazione contro la sentenza contumaciale dell’imputato, che non avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento, quando analoga impugnazione fosse stata proposta in precedenza dal difensore dello stesso imputato.
La ratio della legge 67/2014 è quella appunto di garantire l’effettività della conoscenza del processo in capo all’imputato, in linea con le posizioni della CEDU che ha sempre denunciato il sistema notificatorio italiano, basato più sul meccanismo delle presunzioni legali di conoscenza piuttosto che sul riscontro della effettiva conoscenza del processo da parte dell’accusato.
Ed invero, a livello internazionale ed europeo, l’imputato ha un preciso diritto di poter essere presente al processo.
In questa ottica, naturalmente, la facoltà di rimanere assente si configura come una rinuncia al diritto che, per essere valida, deve comunque provenire da un soggetto consapevole.
La normativa relativa al processo in assenza è quella di cui agli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies c.p.p. che, seppur inserita nel titolo nono relativo alla udienza preliminare, è applicabile anche al dibattimento.
Anzitutto l’articolo 420-bis c.p.p. che costituisce una delle norme cardine della disciplina relativa all’assenza ed alla sospensione del procedimento per irreperibilità dell’imputato che prevede, al comma 1), che, nella ipotesi in cui l’imputato non è presente alla udienza perché ha rinunciato espressamente a comparire si procede comunque in sua assenza.
In tal caso lo scopo della norma, evidentemente, è assicurato in quanto l’imputato ha rinunciato in modo espresso a comparire in tal modo dimostrando la consapevolezza dell'esistenza di un giudizio a proprio carico.
Il comma 2) tipizza alcuni elementi sintomatici che consentono di far ritenere che l’imputato è comunque a conoscenza del processo a suo carico e che permettono, per così dire, l’avanzamento del processo.
Si prevede il caso in cui l’imputato ha dichiarato o eletto domicilio ovvero sia stato arrestato, fermato o sottoposto a misura cautelare ovvero abbia nominato un difensore di fiducia nonché nella ipotesi in cui l’imputato assente abbia ricevuto personalmente la comunicazione dell’avviso della udienza ovvero risulti in qualsiasi altro modo, ma con certezza, che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti dello stesso.
In tali casi, prosegue il comma 3, esso è rappresentato dal difensore.
Le ipotesi di arresto, fermo od altra misura cautelare non destano particolari perplessità posto che, evidentemente, l’imputato che è stato sottoposto a misure privative della libertà personale od altre misure cautelari in corso di procedimento, ha certamente conoscenza del procedimento a suo carico e così pure nella ipotesi di nomina di un difensore fiduciario che, evidentemente, rappresenta una specifica azione difensiva dell’imputato suscettibile di comprovare, per facta concludentia, la conoscenza del processo a proprio carico.
Alcun problema inoltre si pone nella ipotesi di notifica personale dell’avviso dell’udienza.
Più problematica, a giudizio di chi scrive, è la questione circa la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione di assenza nei casi di mera dichiarazione e/o elezione di domicilio.
In effetti tali condotte si ritiene non siano sufficienti per effettivamente comprovare la effettiva conoscenza (e non la mera conoscibilità) del processo penale a proprio carico.
Si pensi, per esempio, ai casi di elezione di domicilio di un indagato, magari extra-comunitario non comprendente perfettamente la lingua italiana, magari senza fissa dimora, in fase di identificazione, presso il difensore d’ufficio oppure ai casi di dichiarazione di domicilio del predetto indagato presso un luogo ove successivamente non vi abita più.
In tutti questi casi, evidentemente, non si potrebbe fondatamente sostenere che l’accusato sia a conoscenza dell’esistenza di un processo penale a proprio carico per l’ovvia ed elementare considerazione che lo stesso, fino a quando il magistrato inquirente non decide di rinviarlo a giudizio, è semplicemente soggetto sottoposto ad indagine.
Su tale questione di massima si sono recentemente espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza in data 28/11/2019, non ancora massimata, la quale ha avuto modo di escludere che la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, sia presupposto sufficiente ed idoneo per la dichiarazione di assenza di cui all’art. 420-bis c.p.p. con ciò confermando i dubbi poco sopra espressi.
E’ inoltre considerato presente l’imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall’aula di udienza o, comunque, presente ad una udienza, non si presenta alle successive.
Il comma 4 prevede inoltre che l’ordinanza che dispone di procedere in assenza dell’imputato è revocata, anche d’ufficio, se l’imputato successivamente compare.
Mentre nella ipotesi in cui l’imputato compare e fornisce la prova che l’assenza è stata determinata ad una incolpevole mancata conoscenza del processo, il giudice sarà tenuto a rinviare l’udienza con facoltà dell’imputato di richiedere l’acquisizione di atti e documenti formulando altresì richieste di prove a discarico, anche laddove oramai maturati i termini di decadenza previsti, oltre a poter formulare richiesta di rinnovazione delle prove già assunte.
Infine, il comma 5) stabilisce che il giudice, durante il procedimento, revoca l’ordinanza che dispone di procedere in assenza se risulta che il procedimento, per l’assenza dell’imputato, doveva invece essere sospeso.
Il successivo art. 420-ter disciplina l’ipotesi dell’impedimento a comparire dell’imputato o del suo difensore disponendo anzitutto, ai comma 1),2),3),4), la regolamentazione relativa all’assenza dell'imputato.
Il primo comma dispone che quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta alla udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito (inteso, questo, come quell’avvenimento imprevedibile ed eccezionale, non determinato dall’azione del soggetto, che si inserisce d’improvviso nell’azione rendendola impossibile) e forza maggiore (intesa, questa, come la vis maior cui resistere non potest ovverosia quella forza esterna che determina la persona a compiere un’azione cui questa non può opporsi) o altro legittimo impedimento, il giudice, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l’avviso all’imputato.
Ovvio che tale previsione è in linea con la ratio della legge che è quella di riconoscere il diritto dell’imputato di partecipare personalmente al processo e questo, evidentemente, non può verificarsi nelle ipotesi sopra citate.
Il comma 2), con una disposizione più generale, dispone che comunque si applichi la disposizione di cui al comma precedente quando il giudice, con suo prudente apprezzamento, accerti che l’assenza dell’imputato è dipesa da caso fortuito o forza maggiore.
Il comma 3) e 4) stabilisce che quando l’imputato non si presenta alle udienze successive, pur essendo stato presente in precedenza, ricorrendo le condizioni previste al comma 1), il giudice rinvia anche d’ufficio l’udienza disponendo la notifica dell’avviso allo stesso fermo restando che la lettura dell’ordinanza di rinvio in udienza sostituisce la citazione per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti.
I successivi commi 5) e 5bis) disciplinano il legittimo impedimento del difensore.
Essendo che la difesa nel processo penale deve essere effettiva l’imputato ha anche diritto di essere assistito dal proprio difensore. La giurisprudenza che ha avuto modo di affrontare il legittimo impedimento del difensore (cft. Cass. Pen. SS.UU. 03/10/2016 nr. 41432 e Cass. Pen. sez. V, 10/12/2018 nr. 55243) ha precisato che "...nel vigente codice di rito è prevista la partecipazione dell'accusa e della difesa, su un piano di parità al fine di garantire, in ogni stato e grado, un "processo di parti"...che l'intervento del difensore costituisce una attività di "partecipazione" e non di mera "assistenza", essendo egli impegnato, al pari del Pubblico Ministero, nella ricerca, individuazione, proposizione e valutazione di tutti gli elementi probatori e nell'analisi della fattispecie legale...l'effettività della difesa non può pertanto essere ridotta ad una mera formale presenza di un tecnico del diritto che, per mancanza di significativi rapporti con le parti o per il ridotto tempo a disposizione, non sia in grado di padroneggiare adeguatamente il materale di causa".
Allorquando, quindi, per legittimo impedimento di quest’ultimo, prontamente comunicato, risulta che l’assenza è giustificata, si applica il comma 1) e pertanto il giudice dovrà necessariamente rinviare la causa ad una successiva udienza. La disciplina relativa all’assenza del difensore è parzialmente difforme rispetto a quella dell’imputato tanto che la norma prevede che ciò non si applichi allorquando l’imputato è difeso da più di un difensore ovvero quando l’avvocato impedito ha comunque designato un sostituto o quando sia lo stesso imputato – ma non accade mai - che chiede che si proceda in assenza del suo difensore.
Il comma 5-bis, introdotto con la Legge 205/2017, a seguito di una serie di storture purtroppo verificatesi nelle aule giudiziarie, ha espressamente previsto che il difensore che abbia comunicato prontamente lo stato di gravidanza si ritiene legittimamente impedito a comparire due mesi prima del parto e nei tre mesi successivi ad esso.
Ma ci chiediamo, a questo punto, dove sta la ragionevolezza nella interpretazione del diritto se il legislatore è stato addirittura costretto a prevederlo espressamente allorquando, forse, come avrebbe dovuto essere, sarebbe stato una ragionevole interpretazione del diritto già esistente?
E’ bene evidenziare che, purtroppo, la normativa che si passa in rassegna, nonostante la chiarezza della ratio ad essa sottesa, non sempre viene applicata correttamente nelle aule giudiziarie con ovvie negative conseguenze sul provvedimento conclusivo.
Accade spesso invero che, nonostante l’esistenza (od il dubbio sulla esistenza) di un legittimo impedimento del difensore, documentato e prontamente trasmesso, si proceda comunque in violazione della normativa de qua.
La violazione delle disposizioni in analisi, tuttavia, può determinare conseguenze assolutamente perniciose per il sistema giustizia e concretizzare la violazione delle disposizioni in tema di assistenza e rappresentanza dell’imputato e, conseguentemente, quelle nullità assolute degli atti compiuti e, quindi, della medesima sentenza, per violazione degli artt. 178, comma 1, lett. c), e 179 comma 1, c.p.p. che possono rendere del tutto inutile la stessa celebrazione del processo. Ed infatti l’art. 604 c.p.p., rubricato “questioni di nullità”, all’art. 5-bis, fa tabula rasa del rito celebrato in assenza prevedendo espressamente che “Nei casi in cui si sia proceduto in assenza dell’imputato, se vi è la prova che si sarebbe dovuto provvedere ai sensi dell’articolo 420-quater c.p.p., il giudice di appello dichiara la nullità della sentenza e dispone il rinvio degli atti al giudice di primo grado...omissis...”.
L’articolo 420-quater disciplina la naturale conseguenza dell’assenza dell’imputato stabilendo che, fuori dai casi previsti dagli artt. 420-bis e 420-ter c.p.p. e fuori dai casi di nullità della notificazione, se l’imputato non è presente il giudice dovrà rinviare l’udienza e disporre che l’avviso venga notificato all’imputato personalmente ad opera della polizia giudiziaria.
Laddove la notificazione a mezzo della Forza Pubblica non risulti possibile e non si debba comunque pronunciare sentenza di non doversi procedere ex art. 129 c.p.p., il giudice dovrà disporre la sospensione del processo nei confronti dell’imputato assente pur potendo acquisire, a richiesta di parte, le prove urgenti non differibili.
Ovvio che, in processi penali con più imputati, il giudice potrà e dovrà disporre la separazione del processo dell’assente rispetto a quello degli altri coimputati presenti, come espressamente previsto dall’art. 420-quater, comma 2 c.p.p., che richiama, appunto, l’art. 18, comma 1), lett. b) c.p.p..
Questa disposizione, a ben guardare, disciplina il naturale esito della assenza incolpevole dell’imputato in considerazione della regola secondo la quale non si possa perseguire penalmente chicchessia se non si abbia la prova che l’accusato abbia consapevolezza del processo a proprio carico.
Con l’ordinanza di sospensione del processo ed il decreto di fissazione della udienza si determinano una serie di conseguenze di non poco rilievo.
Anzitutto tale provvedimento viene comunicato alla locale sezione di polizia giudiziaria per il successivo inserimento nel CED del Ministero dell’Interno, in modo da informare tutti gli agenti della polizia giudiziaria che dovessero eventualmente identificare l’imputato che circola per il paese che esiste un procedimento penale a suo carico sospeso.
In tal caso l’imputato, così identificato, verrebbe condotto negli uffici della polizia giudiziaria per procedere alla personale notifica degli atti dell’autorità giudiziaria.
Inoltre, con l’ordinanza di sospensione, si sospende altresì il decorso della prescrizione del reato mentre la parte civile può agire per il risarcimento del danno in sede civile non risultando applicabile la sospensione prevista dall’art. 75, comma 3 c.p.p..
A proposito della sospensione della prescrizione, come detto, con la sospensione del processo si sospende anche la prescrizione per un periodo tuttavia non superiore a un quarto del termine massimo, elevabile a seconda della sussistenza o meno di situazioni di recidiva: sebbene, almeno quanto ai processi per fatti non particolarmente gravi, il rischio in concreto sia quello della sospensione fino alla maturazione della prescrizione, l’aggancio del termine massimo a quello di cui all’art. 161, co. 2, c.p.p. sembra giustificato dalla opportunità di non addossare all’imputato, cui «non può essere mosso alcun rilievo sotto il profilo della leale collaborazione», l’effetto negativo di rimanere sine die sottoposto a un procedimento penale.
L’articolo 420-quinquies c.p.p. fissa un meccanismo di verifica periodica sull’assenza dell’imputato onde consentire, al momento in cui lo stesso ricompare o comunque, in qualunque altro modo, si abbia la prova certa che l’imputato è a conoscenza del processo che lo riguarda, di riprendere il processo a suo carico.
Ed infatti si dispone che entro un anno dalla ordinanza che ha disposto la sospensione del processo, il giudice dispone nuove ricerche finalizzate alla notifica dell’avviso di fissazione della udienza per il seguito del processo.
In tal caso laddove le ricerche abbiano dato esito positivo, se l’imputato ha nominato un difensore di fiducia o in tutti gli altri casi previsti dalla norma citata, il giudice revoca l’ordinanza di sospensione fissando una nuova udienza per il proseguo che sarà notificata allo stesso imputato oltreché al suo difensore, alle altre parti private, alla persona offesa ed al Pubblico Ministero.
Alla nuova udienza, naturalmente, l’imputato potrà formulare richiesta di definire la propria posizione mediante riti alternativi al dibattimento.